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In Puglia, la coltivazione dell’ulivo rappresenta da sempre una straordinaria corrispondenza fra cultura, paesaggio, economia, gastronomia, memoria. L’ulivo in natura nasce come arbusto e solo il tempo e l’azione dell’uomo lo porta a essere la pianta maestosa che noi conosciamo, testimone imprescindibile della cultura mediterranea. Nel solo Salento si stima ci siano undici milioni di piante di ulivo, di queste, cinque milioni sono considerate secolari. Un patrimonio inestimabile, sicuramente insostituibile.

Oggi tutto questo è messo in pericolo da un’epidemia di Xylella Fastidiosa.

La Xylella è un batterio che colpisce lo xylema delle foglie, bloccando la circolazione della linfa, facendo quindi seccare prima le foglie poi i rami fino all’intera pianta. Non è un batterio sporigeno, quindi non si sposta con il vento, ma ha bisogno di un vettore che lo trasporti. Il vettore individuato fino ad ora ma non è escluso che ce ne siano altri, è la cicalella sputacchina, un piccolo insetto con un raggio d’azione di non più di cento metri ma che attaccandosi agli autoveicoli, può percorrere chilometri. Le piante infette rappresentano un deposito di inoculo che il vettore preleva e inietta nella piante circostanti. Vettore e piante infette sono i due elementi alla base della diffusione dell’epidemia.

Il rapporto dell’EFSA (autorità europea per la sicurezza alimentare) fotografa lo stato delle conoscenze scientifiche sul batterio.  Dal documento si evincono alcuni punti:

  • A oggi non esiste alcuna cura scientificamente dimostrata per gli alberi affetti da xylella.

  • Per difendere il territorio dal batterio, le misure da privilegiare sono quelle che prevengono la diffusione dell’epidemia o cercano di contenerla.

  • Fra queste misure nessuna garantisce la perfetta riuscita; alcune di esse, come l’eradicazione degli alberi infetti e il controllo chimico dei vettori, sembrano dare più affidabilità, anche se ogni giorno che passa diminuiscono la loro efficacia, infatti, l’epidemia aumenta di velocità con il suo diffondersi.

La prima individuazione della Xylella in Salento presumibilmente risale al 2013, mentre nel 2014 la sua presenza è certificata dalle autorità competenti. S’ipotizza che il batterio sia arrivato ospite di una pianta proveniente dal Costarica. A oggi, la stima empirica del Consiglio nazionale delle ricerche di Bari è di un milione di piante infette, sul totale di quelle presenti nell’intero Salento.

In merito al possibile contagio nel resto d’Italia o in Europa, l’ampiezza del territorio potenzialmente attaccabile da xylella dipende principalmente dai possibili vettori e dalle condizioni climatiche ottimali per la riproduzione del batterio. Per quanto riguarda il vettore, insetti simili alla sputacchina si trovano fino in Scandinavia. Per quanto riguarda il clima, un potenziale habitat potrebbe corrispondere a metà del continente. Con queste premesse, l’attuale epidemia di Xylella, potenzialmente, potrebbe compromettere una parte considerevole dell’agricoltura europea.

È su questi presupposti che il 10 febbraio 2015 il Consiglio dei Ministri ha dichiarato lo stato di emergenza, in conseguenza della diffusione in Puglia del batterio Xylella Fastidiosa. L’11 febbraio  2015, con OCPC n. 225/2015, è stato nominato un commissario delegato per fronteggiare l’emergenza ed è stato pubblicato il PIANO DEGLI INTERVENTI da attuare.

Il PIANO individua una zona infetta, in pratica corrispondente all’intera provincia di Lecce, individua inoltre una zona cuscinetto e un cordone fitosanitario, queste ultime due, poste a nord della zona infetta, tagliano trasversalmente la penisola salentina, dall’Adriatico allo Jonio, nel tentativo di confinare fisicamente l’area di presenza del batterio, contrastandone la diffusione verso nord.

Zona infetta non significa che tutti gli alberi siano infetti, ma che la provincia di Lecce è stata definita dalle autorità zona dove l’eradicazione del batterio non è più perseguibile perché ormai l’infezione è troppo diffusa. Nella zona infetta vengono distinte alcune sottozone, ognuna con proprie caratteristiche. Fra queste, il PIANO individua come SITI DI MAGGIORE CRITICITA’, per l’importanza che rivestono da un punto di vista sociale, territoriale e paesaggistico, anche quelli con la presenza di piante monumentali. Anche in questo caso “tutte le piante infette … nonché le piante individuate come probabilmente contagiate devono essere sradicate. La pianta sradicata deve essere immediatamente depezzata, …. le sezioni delle branche e dei tronchi privi di parti verdi, possono essere movimentate perché non costituiscono fonte di inoculo di X. Fastidiosa. Tali operazioni sono a carico dei proprietari ….”.

Se non s’individua una cura, cosa al momento non probabile, o se non si riesce a rallentare drasticamente la velocità del contagio, cosa anche questa poco probabile perché il PIANO impiega la maggior parte delle risorse economiche per le azioni da intraprendere nella zona cuscinetto e nel cordone fitosanitario, uno degli scenari probabili è quello di perdere gli ulivi salentini, anche quelli secolari. Potrebbe addirittura scomparire l’intera olivicoltura, infatti, essendo stata dichiarata l’epidemia, in questo momento è vietato piantare altri ulivi e non sarà possibile farlo fino a cinque anni dopo la sua conclusione.

Si consideri inoltre che spesso la proprietà agricola è molto frammentata. Oltre le vere aziende agricole esistono decine di migliaia di micro proprietari per i quali gli ulivi e la produzione di olio, sono un fatto di pura economia domestica se non solamente affettivo. Per queste piccole realtà, anche solo sostenere i costi degli interventi che il PIANO imputa direttamente ai proprietari, può costituire una reale difficoltà.

Com’era naturale aspettarsi, un’emergenza di tali proporzioni e soprattutto gli scenari funesti che sembrano prospettarsi, hanno portato a reazioni le più diverse. Naturalmente c’è chi prende molto sul serio l’emergenza e le indicazioni operative fornite dal PIANO. C’è però anche chi nega in tutto o in parte la veridicità delle evidenze scientifiche sostenute dalle istituzioni. Chi sospetta il complotto ordito dalle multinazionali del transgenico. Oppure, semplicemente chi rifiuta la possibilità che piante secolari, così radicate nella cultura e nella vita quotidiana, possano ammalarsi e morire.

MEME non vuole entrare nelle schiere dei detrattori o dei fautori del PIANO, non abbiamo le competenze per questo. MEME non promuove l’abbattimento delle piante. Per abbattere una pianta di ulivo serve un’autorizzazione successiva alla verifica d’infezione della pianta stessa. MEME semplicemente, vuole evitare che le piante secolari già abbattute, perché secche o infette, subiscano l’ulteriore affronto di diventare legna da camino, mandando in fumo la bellezza e il valore culturale che per centinaia di anni hanno rappresentato.

Oggi il legno ricavato dagli alberi di ulivo è usato prevalentemente come legna da ardere, solo in minima parte, in alcune zone d’Italia, il legno di ulivo si utilizza per la produzione di parquet o piccoli oggetti. Gli alberi di ulivo spesso hanno forme molto irregolari, tronchi nodosi, contorti, in parte scavati dalle diverse malattie che l’albero ha subito nel tempo. Il legno è nervoso, di difficile stagionatura, continua a muoversi e fessurarsi anche dopo molti anni. Per tutti questi motivi storicamente l’ulivo non ha mai avuto un utilizzo importante in falegnameria o ebanisteria, nonostante la bellezza dei tronchi e delle venature.

E così com’è sempre successo, la legna tagliata sul campo finirà nel fuoco. Questa volta però è diverso. La perdita di una sola pianta per ragioni fisiologiche non ha mai posto la questione della conservazione della sua memoria. Questa volta il rischio è di perdere molti, se non tutti, gli ulivi secolari, modificando per sempre la fisionomia di un paesaggio inscindibile dalla presenza di tali alberi.

MEME è un progetto di design con produzione diffusa che ha come obiettivo quello di preservare la cultura e la memoria legata agli ulivi secolari minacciati dall’emergenza Xylella, con l’ambizione di attivare forme alternative di economia e creare un valore da investire nella rigenerazione del territorio compromesso.

MEME vuole recuperare i tronchi degli alberi abbattuti per farne pezzi unici di design (grandi tavoli di rappresentanza, istallazioni, sculture, ecc.), adottando metodi di lavorazione e utilizzo del legno di ulivo non convenzionali rispetto alle tecniche consuete di falegnameria. Il tavolo rappresentato nelle immagini è puramente esemplificativo delle molteplici possibilità di utilizzo di un legno, dalla forte fisionomia e personalità. MEME vuole realizzare delle vere e proprie sculture della memoria, pezzi unici con una propria carta d’identità che ne racconti la storia, la provenienza, la cultura del territorio di origine. Ogni pezzo sarà catalogato e accompagnato da una documentazione informativa. Si vuole conservare la memoria attraverso la forma. Memoria di una cultura, di un paesaggio, di ogni singolo albero.

MEME inoltre, vuole attivare sul territorio una rete di collaborazione costituita dai proprietari degli uliveti, da artigiani, scultori, scuole, operatori turistici, istituzioni. S’intende promuovere meccanismi di replica del progetto attraverso una rete di soggetti i quali, condividendo gli obiettivi del progetto e un protocollo operativo, contribuiscano a ideare, produrre e commercializzare i manufatti realizzati.

Le opere così prodotte saranno proposte in un mercato internazionale di fascia alta. MEME, dal punto di vista delle opportunità commerciali, vuole utilizzare alcune delle dinamiche della così detta globalizzazione per vendere i suoi manufatti e allo stesso tempo promuovere le peculiarità del territorio di provenienza. Quella stessa globalizzazione che per sua natura comporta rischi e opportunità e che probabilmente ha portato una pianta ornamentale del Costarica a compromettere un intero territorio.

MEME si pone come obiettivo quello di lavorare almeno 100 tronchi di ulivi già abbattuti, sviluppando un fatturato di 1,5 milioni di euro in quattro anni. Gran parte di tale fatturato costituisce un valore economico diffuso, potenzialmente destinato alla rigenerazione del territorio compromesso, quali che siano realmente gli scenari futuri determinati da Xylella. Si consideri che il PIANO, per gli interventi obbligatori da realizzare nei SITI DI MAGGIORE CRITICITA’ all’interno della zona infetta, stanzia 1,7 milioni di euro, lasciando comunque tali interventi a carico dei proprietari.

 

MEME

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